Dai nuovi e più stringenti parametri Ue per le emissioni di CO2 nel periodo 2021-2030, ai nuovi test sulle omologazioni delle auto, più conformi alla guida reale e decisamente più severi rispetto ai precedenti. Quest’ultimo scampolo di 2018 sarà cruciale per disegnare il futuro ‘green’ delle nostre strade, ma le nuove norme non saranno indolori per l’industria dell’auto, per gli automobilisti e neppure per le flotte aziendali.
Ma andiamo a spiegare cosa bolle in pentola. Entro l’anno o al massimo all’inizio del 2019 vedrà la luce il testo definitivo sui nuovi limiti di CO2. La norma attuale prevede, entro il 2021, il raggiungimento di 95 grammi al km sulla media della gamma, un target che non tutti i gruppi automobilistici saranno in grado di rispettare, rischiando quindi multe salatissime. Immaginiamo quindi cosa potrebbe succedere quando entreranno in vigore i nuovi parametri in discussione, che partono da una base del -15% di CO2 rispetto al 2021 nel 2025 e di un -30% nel 2030. Questa è la proposta presentata dalla Commissione europea a novembre 2017, ma nei successivi passaggi parlamentari i limiti sono stati resi più severi e nella seduta di ottobre del Consiglio dei ministri europeo si è trovato l’accordo su un -15% di CO2 entro il 2025 per auto e furgoni ed un -35% per le auto e -30% per i furgoni entro il 2030. E’ stato anche deciso un incentivo per i produttori di auto a basse emissioni o a zero emissioni nei mercati dove la quota di mercato di questi veicoli è inferiore al 60% della media Ue.
Il dibattito tra Parlamento, Governi e Commissione continuerà almeno fino a fine anno ma, alla fine, qualunque sarà il testo definitivo si tratterà di una rivoluzione per la mobilità come la conosciamo. In primo luogo, gli aggiornamenti tecnologici e strutturali necessari al rispetto dei target faranno lievitare sia i costi di produzione che il prezzo dei nuovi veicoli. Inoltre, sarà indispensabile ridurre a tempo di record il ‘gap’ attuale tra la quota di mercato dei veicoli a benzina e diesel e quelli a zero emissioni elettrici o a idrogeno o inferiori a 50g di CO2 per km, come gli ibridi plug-in. Impresa titanica se si pensa che nel 2017 la quota Ue di questi veicoli è stata appena dell’1,5%.
Intanto, è già in vigore dal 1° settembre 2018 un’altra norma di Bruxelles di forte impatto. Si tratta del nuovo ciclo di omologazione WLTP (Worlwide Harmonized Light Vehicles Test Procedure), obbligatorio per tutti i veicoli immatricolati nell’Unione Europea (dei nuovi test si parlerà approfonditamente nell’articolo successivo). I test più severi assicurano risultati molto più aderenti alla guida reale rispetto al precedente NEDC, in vigore durante lo scandalo del Dieselgate. Per rispettare i nuovi vincoli le case dovranno applicare costosi filtri antiemissioni e accelerare il percorso verso l’elettrico. Ma la novità che sta creando maggiori problemi è l’obbligo di valutare ogni singolo optional della vettura, procedura che crea notevoli differenze di CO2 e consumi tra diverse versioni di uno stesso modello e allunga molto il processo di omologazione.
In futuro, quindi, le case potrebbero decidere di tagliare alcuni optional a favore di altri e questo potrà influenzare anche il design e la produzione dei nuovi modelli, rendendoli più essenziali e ‘puliti’. Alcuni, invece, potrebbero scomparire, perché troppo costoso renderli compatibili con il nuovo ciclo WLTP. Anche gli automobilisti punteranno su modelli più semplificati ed efficienti, sia per aggirare l’aumento dei listini, sia per evitare un maggior carico fiscale, visto che in una ventina di Paesi Ue la tassazione sull’auto è legata alle emissioni di CO2. Questo aspetto inciderà molto anche sulle flotte. Infatti, dai nuovi standard di omologazione WLTP deriverà un aumento dei consumi e delle emissioni dichiarati, in media si stima una variazione del 20-30%, con punte oltre il 40% rispetto al passato. Questo aumento potrebbe far lievitare in maniera indiretta i costi delle flotte aziendali nei Paesi in cui le tasse sono commisurate ai consumi e non alla potenza dell’auto. Al momento in Italia non è così, ma potrebbe esserlo presto.
Il tema delle emissioni inquinanti è rilevante anche sul piano della stessa car policy aziendale. Sono molte le aziende che selezionano e gestiscono le proprie flotte auto basando acquisti e assegnazioni delle auto ai driver sui consumi dichiarati dai produttori. Ora che questi consumi aumenteranno in maniera generalizzata saranno due le possibili vie d’uscita: scegliere i veicoli con meno emissioni e privilegiare le motorizzazioni che garantiscono i consumi più contenuti. A pagare il prezzo più alto dopo l’arrivo dello standard di omologazione WLTP saranno le auto diesel, per la difficoltà di rispettare i limiti legati alle emissioni inquinanti, se non a caro prezzo.
Le innovazioni tecnologiche che sarebbero necessarie per centrare i limiti fissati dallo standard Euro 6d in vigore da settembre 2019, infatti, sono molto costose e non garantirebbero comunque la possibilità di circolare in caso di blocchi delle auto inquinanti. Quindi, se oggi oltre il 90% dei veicoli presenti nelle flotte aziendali ha un motore diesel, c’è da aspettarsi che nell’immediato futuro questa percentuale scenda drasticamente, raggiungendo quota 50-60%. Le auto diesel saranno sostituite con ogni probabilità dalle auto ibride (benzina più elettrico) e in piccola parte anche dalle auto elettriche.
Le Auto Ibride sono una tra le più grandi innovazioni introdotte dalle Case Automobilistiche negli ultimi anni nell’ottica di una mobilità sostenibile e dell’abbattimento dei costi di gestione delle Automobili. Due temi molto cari sia agli automobilisti che ai produttori.
Aggiornamenti relativamente alle auto ibride ed elettriche ad autonomia estesa.
La seconda, in particolare, è relativa ad una tecnologia di trazione in cui il motore termico è utilizzato solo per alimentare e dare energia a quello elettrico, l’unico che spinge la macchina.
L’innovazione diventa sempre più green grazie alle auto elettriche, le macchine a propulsione elettrica, per l’appunto, che utilizzano l'energia chimica immagazzinata in un serbatoio energetico costituito da una o più batterie ricaricabili. I bassi consumi, le altissime prestazioni e l’inquinamento prossimo allo zero fanno dell'auto elettrica, l'ancora di salvataggio del mercato automobilistico e, soprattutto, dell'ambiente. Molti costruttori, infatti, stanno iniziando a progettarle in grande quantità e a pensarne la produzione di massa. Vediamo, allora, tutte le anteprime e le novità proposte dalle case automobilistiche, le iniziative portate avanti dalle Amministrazioni Pubbliche e Locali e gli eventi di presentazione nei Saloni Internazionali delle Automobili.
L’attitudine al cambiamento, nel settore della mobilità elettrica (in particolare per le flotte aziendali), non è misurabile esclusivamente sulla base del numero di colonnine di ricarica per i veicoli che sono state installate o che si ha in programma di installare nei prossimi anni. Il processo di cambiamento in atto è molto più profondo e coinvolge le abitudini e i comportamenti quotidiani di tutti gli attori della filiera della mobilità, sia nel settore privato sia nel settore aziendale.
È questo il messaggio lanciato da Antonio De Bellis, Head of Sales Italy di ABB, nell’intervista ad Auto Aziendali magazine tesa a chiarire i programmi del colosso energetico per ciò che riguarda la mobilità elettrica nel nostro Paese. Si tratta di un argomento di cui ABB è pienamente titolata a parlare, visto che, con oltre 7.000 stazioni di ricarica rapida in corrente continua installate in 60 paesi, ABB è leader mondiale in questo comparto ed è stata nominata da Fortune all’ottavo posto tra le aziende che stanno cambiando il mondo.
Antonio De Bellis, Head of Sales Italy di ABB
“ABB - sottolinea de Bellis – si è rimboccata le maniche e ha iniziato a implementare strategie per una mobilità sostenibile. A questo proposito un concetto che viene alla ribalta, ed in cui ci riconosciamo, è quello di hub sostenibile, che vuol dire tante cose che vanno oltre il concetto di colonnina. Include, ad esempio, il problema dell’impatto climatico delle strategie messe in campo, ma tende a cambiare le abitudini di uso dei mezzi di trasporto. Per questo è necessario l’adeguamento della rete infrastrutturale secondo un approccio a 360° che includa tutte le soluzioni di trasporto tecnologicamente disponibili e le metta a disposizione degli utenti a seconda delle loro necessità”.
Si parla, quindi, non solo di auto elettriche, ma anche di trasporto pubblico locale effettuato con veicoli elettrici, trasporto di merci e trasporto ferroviario elettrici e navi con propulsore elettrico. Per abilitare questo intero sistema di trasporti è necessaria l’implementazione di smart port che includano strutture di ricarica compatibili con i diversi mezzi a disposizione degli utenti. “Noi di ABB – prosegue De Bellis – siamo impegnati nei trasporti elettrici sin dalla nascita di questa tecnologia ed oggi, nel nuovo paradigma di mobilità che si sta sviluppando, possiamo portare anche un po’ di made in Italy, visto che una delle nostre più importanti fabbriche di colonnine elettriche, che esportiamo in tutto il mondo, è proprio in Italia”.
Nel contesto della mobilità sostenibile elettrica le società energetiche svolgono un ruolo di primaria importanza, naturalmente in funzione del business model che si affermerà. “Oggi è importante innescare dei meccanismi tramite i quali si prova e ci si sporca le mani, perché solo in questo modo si riesce ad essere in prima linea anche dal punto di vista dell’innovazione. Si stanno aprendo nuovi scenari ed è fondamentale essere partecipi del processo di cambiamento. Allo stesso tempo è di grande importanza mettere in campo azioni tese all’alfabetizzazione tecnologica del consumatore, lavorando per combattere le fake news che creano solo confusione, per incrementare la formazione nel settore automotive e per comunicare ai consumatori come dovrà cambiare l’uso e la manutenzione dei nuovi mezzi che saranno disponibili sul mercato”.
La diffusione della mobilità elettrica oggi sconta anche i problemi che derivano dalla mancanza di varietà di prodotti soddisfacente sul mercato. Dal 2019/2020, quando saranno messi in commercio una serie di prodotti che allargheranno la gamma a disposizione dei consumatori, sarà più semplice implementare in modo significativo la penetrazione dei mezzi elettrici. “Le aziende che sceglieranno di implementare la mobilità elettrica, poi, potranno sfruttare le abitudini degli utenti per ribaltare l’odierno paradigma di relazioni che legano i fornitori e gli utilizzatori di energia.
Ad esempio, si sa che il tempo medio di sosta dei veicoli affidati a dirigenti e a venditori è di diverse ore: in questo tempo se i veicoli sono collegati ad una smart grid (e cioè a una rete elettrica dotata di sensori intelligenti) potranno trasformarsi in un componente attivo del bilancio energetico aziendale, cedendo o ricaricando energia a seconda delle necessità e delle disponibilità. Per fare questo occorre poter disporre di siti di ricarica evoluti collegati a fonti di generazione rinnovabili (pannelli fotovoltaici, pompe di calore, eccetera). Entrare in quest’ottica vuol dire non essere più un attore passivo del comparto energetico ma trasformarsi in un protagonista attivo che contribuisce a rendere più sostenibile il mix energetico usato dall’azienda e favorisce la creazione di un ecosistema che asseconda il cambiamento con risultati postivi, in un’ottica win-win per tutti gli attori”.